A Maiorca, tra i sentieri spettacolari di un’isola che non vuole perdere una delle sue caratteristiche; i muretti a secco.

Costruire muretti a secco non è un’arte particolare, ma una conoscenza normale, l’abc che ogni uomo di queste montagne imparava nella gestione del suo pezzo di terra, ci spiega un marger incontrato su uno dei sentieri di pietra più belli dell’Isola di Maiorca, che risale il vallone di Biniaraix, tra pareti a picco che sembrano impossibile da passare a delle capre, figuriamoci da una mulattiera larga un metro. Qui ognuno sapeva come disporre i corsi dei muri, dove mettere i giunti o i boccioni - i massi più grossi – dove era necessario fare un muro di spina o di sostegno e come concludere le testa della terrazza, magari piantando alberi e viti - per non occupare lo scarso piano coltivabile dedicato ai foraggi e alle verdure - come posizionare le pietre, come usarle per fare degli scalini, dove fare lo scolo dell’acqua. C’era una conoscenza profonda del territorio e la consapevolezza che dal proprio lavoro, dallo strappare qualche metro di terra coltivabile in più, era una differenza non marginale, ti dava un po’ più di olive, di vino, di grano. Oggi sembra ridicolo, abituati a fare la spesa a carrelli nei supermarket, ma allora permetteva di avere un po’ meno fame o di tirare su un altro figlio.
Altri giovani sono all’opera con il “manuelle”, una lunga barra di ferro che serve a forare la pietra, la “perpal”, una sorta di lungo piedi di porco, il “matràs”, una sorta di cilindro di pietra all’estremità di un lungo manico di legno che serve a battere i selciati o le pietre per assestarle, la “picassa” e il “picassò”, due lunghe mazze di ferro, il “martell de punta”, un martello più piccolo che serve a dare colpetti di rifinitura alle pietre da posare in opera, la “cavec”, una specie di zappetta a testa triangolare che serve a muovere la terra, le “senalle”, robuste ceste in vimini per spostare terriccio e pietre piccole e le “civere”, strumenti di trasporto per pietre più grosse e pesanti, usata dove la carriola non si nuove agilmente e infine la “ginyola”, il rocchetto con il filo per fare le pareti a “piombo. Strumenti semplici ma efficienti, in mani esperte che a colpo d’occhio già giudicano, nel mucchio di pietre sul bordo del campo, qual’è quella giusta da mettere sul filare, quale è la facciata giusta o come incastrarla nella maniera migliore tra le altre pietre. E mentre nelle Cinque Terre, in Grecia o in altri paesi mediterranei i muretti a secco crollano per l’incuria, abbandono dei campi, la spinta delle radici delle infestanti che hanno sepolto viti e olivi, il passaggio del bestiame brado e nel disinteresse generale di una cultura ormai distante da una vera tutela del paesaggio, qui a Maiorca questa attività viene insegnata ai giovani come lavoro e con una reale possibilità di impiego in una terra dove i muretti sono tutelati e salvaguardati, come testimonianza, valore storico e soprattutto risorsa reale contro l’erosione e la degradazione del territorio.

Lasciamo i giovani marger a continuare il lavoro mentre saliamo verso il passo del Coll de l’Ofre, tra dirupi, pareti verticali e valloni che ricordano le dolomiti e altre montagne calcaree. Eppure poche ore prima eravamo a passeggiare tra strette strade selciate di Sòller, all’ombra di una chiesa dove Gaudì ci ha messo del suo e a bordo di un trenino sferragliante che dal 19xx continua a fare il suo tragitto su una ferrovia a scartamento ridotto che parte dal centro di Palma.
Il sentiero, ormai arrivato sul crinale, continua poi tra grandi panorami; es Cornadors, il balcone di Soller che giace quasi mille metri più sotto è a ovest, il Puig Maior, il monte più alto dell’isola a nord-est, e il bacino artificiale di Cuber, le cui acque sono variegate di azzurro e grigio a seconda del movimento delle nuvole che ci passano veloci sopra la testa e davanti a noi verso est. Una sosta rigenerante alla fonts de Noguera e poi altre due ore di sentiero per arrivare al rifugio più vecchio delle montagne di Tramuntana, quello di Tossals Verds, nella zona più remota di questa sierra, una catena orografica di 100 km di lunghezza, che dà all’isola Maiorca una caratteristica unica e che divide la parte più turistica e vacanziera da quella più aspra, selvaggia e intatta che si nasconde tra le pieghe di queste cime che sembrano molto più imponenti del loro migliaio di metri di altezza.
A poca distanza da questo rifugio parte il sentiero della Massanella, se così si può chiamare, dato che percorre il tracciato di un vecchio acquedotto, e per conservare la sua pendenza costante è stato costruito senza badare troppo all’orografia accidentata della zona. Arditi archi lo sorreggono nelle parti dove la parete cade a strapiombo e gallerie sono state scavate per scavalcare punti troppo vertiginosi. Purtroppo un cartello ci avverte che in un punto la parete di sostegno è crollata e il tracciato dell’acquedotto è in pericolo di crollo per la mancanza di fondamenta. Ecco un posto dove la presenza di un marger sarebbe auspicabile.
Il giorno dopo seguiamo il sentiero che ci porta in una delle zone più alte dell’isola vicino al Puig de Massanella. A circa mille metri il bosco si dirada e lascia il posto a una grande prateria racchiusa da costoni di pietra e falde detritiche, che con il loro biancore spiccano ancora di più tra il cielo terso e azzurro e l’erba del giallo intenso del finire dell’estate.

Il crinale è attraversato da un alto e sottile muretto a secco, che in questo caso serve da divisione territoriale o pastorale, più che per scopi agricoli, e dal passo si può osservare un'altra particolare architettura litica, molto particolare se si considera il luogo dove è stata costruita, soprattutto se osservata al caldo e sotto il sole ancora molto caldo settembrino; una “cases de neu”, una niviera!
Ce ne sono circa 40, soprattutto in questa zona dove le nevicate non sono rare anche se effimere.
Costruite tra il XVI e il XX secolo, servivano a immagazzinare la neve per vari usi, da quello conserviero, a quello medicinale, e anche per fare i sorbetti. Scavate nella terra o nella roccia, le loro dimensioni sono di un grande rettangolo tra i 10 e 16 metri di larghezza per 5-8 metri di profondità e interrate per 4-8 metri. Completamente rivestite di pietra a secco che serviva anche da “vespaio” per far sgrondare l’acqua di fusione, erano poi rivestite da un tetto, di solito a capanna, fatto di travi di legno e ricoperto di ginestre o altri sterpi. Acconto a questi grandi depositi di neve c’erano poi le abitazioni dove si riparavano dal freddo i “neveros” che dovevano trascorrere tutto l’inverno in queste montagne inospitali. Oggi non rimangono che i muri perimetrali, in parte franati, di queste opere straordinarie, una delle quali è in recupero sopra il Monastero di Lluc e al quale era collegata da un'altro straordinario “Cami” un sentiero di pietra.
Nel 2008 il Consiglio dell’isola di Maiorca ha iniziato a lavorare per far si che tutta l’area della Sierra de Tramuntana, estesa per circa 1100 km2, venga dichiarata sito di Patrimonio Mondiale dell’Unesco e nel giugno 2011 questo sarà realtà. In questi anni è stato fatto un grande lavoro per far si che istituzioni e abitanti del luogo lavorassero insieme per la conservazione e la tutela di questo straordinario paesaggio, e qui, in questa terra di pietra, sembra che ci siano riusciti.